Carloforte





pagina in lavorazione

Brevi cenni storici


 L'isola di San Pietro o "isola degli sparvieri" come la chiamavano i romani, per la presenza del falco della regina, è un'isola a sud owest della sardegna; si estende per circa 51 km² ed è popolata da circa 6500 abitanti in gran parte concentrati nel paese di Carloforte.Il Nome isola di San Pietro è dovuto al fatto che il Santo viaggiando dall'Africa verso Roma avrebbe fatto sosta sull'isola;la colonizzazione fu opera di abitanti di Tabarka, di origine ligure, nel 1738 e tutt'ora qui potete sentire parlare il Tabarkino: dialetto di origine genovese; fu Carlo Emanuele III a favorire l'insediamento della popolazione nell'isola e proprio in onore al rè fu costruita una statua in suo onore nella piazza del paese che prese il nome di   Carloforte.  Nel 1798 Carloforte fu saccheggiata dai pirati e i carlofortini vennero portati come schiavi a Tunisi; solo cinque anni dopo la popolazione fu liberata dietro il pagamento di un riscatto da parte di Carlo Emanuele IV di Savoia. Durante la prigionia a Tunisi alcuni schiavi carlofortini rinvennero una statua lignea raffigurante la Madonna e da allora si originò il culto (ancora attualmente sentito) della Madonna dello schiavo.

Luoghi di interesse

La chiesa della Madonna dello schiavo: è situata in via xx Settembre (la via principale di Carloforte). e qui si trova la statua della Madonna che trovarono i carlofortini  schiavizzati a Tunisi.


La chiesetta dei Novelli innocenti: è stata edificata in memoria dei naufraghi della così detta crociata dei fanciulli.
Chiesa dei Novelli Innocenti




L'osservatorio astronomico: costruito nel 1768 con scopo difensivo (era una torre per avvistamenti), fu convertito nel 1898 in osservatorio; ha svolto un importantissimo ruolo per lo studio della precessione degli equinozi e la variazione dell' inclinazione dell'asse terrestre.




Il teatro Cavallera: è stato costruito dai lavoratori carlofortini all'inizio del 1900 ed è considerato bene architettonico di interesse nazionale; da tutti i carlofortini è ancora chiamato U palassiu (il palazzo)













La statua di Carlo Emanuele III: la vedrete appena sbarcherete dai traghetti è sita nella piazza omonima.






Le saline: ora in disuso costituisco l'habitat ideale per la vita di svariati tipi di uccelli tra cui il fenicottero rosa.

















La costa

La costa è frastagliata e ricca di insenature che soddisferanno le esigenze di tutti gli amanti del mare, dalle famiglie con bambini, ai surfisti, dagli amanti delle scogliere a coloro che che prediligono la sabbia; l'acqua è limpida e cristallina ma la bellezza del nostro mare e delle nostre spiagge e del nostro mare non può essere resa con le parole perciò mi limito a postare delle foto con alcuni tratti della costa dell'isola.
Calafico


Guidi

Il faro



La Conca

La Punta e l'isola Piana


Lucaise

Punta Nera


Le Colonne
Taccarossa
Tramonto alla Caletta


La tradizione culinaria 

Numerosi sono i piatti tipici; iniziando dall'antipasto troviamo: la tonina e la cappunadda e tutti i prodotti frutto della lavorazione del tonno (cuore, musciame, bottarga) . Tra i primi merita un posizione di rilievo il caschà (derivante dal cuscus).

Altri primi tipici sono maccheroni, cassulli, cursetti (tutti fatti a mano).
Troverete poi ottime pizze e la farinata fatta secondo la tradizione ligure con farina di ceci.
I secondi naturalmente son a base di pesce: cassolla, tonno alla carlofortina e lo stoccafisso.
Tra i dolci cito : il cavagnetto, i canestrelli, le turtette, i giggeri e i panetti coi fichi.


Non ho un buon rapporto con la macchina fotografica perciò ringrazio il gruppo di Carloforte foto che mi ha messo a disposizione la maggior parte delle immagini di questa pagina; se cercate invece immagini o informazioni su piatti tipici controllate questo link: Carloforte isola da gustare


Eventi a Carloforte

La festa di San pietro (patrono dell'isola) si svolge il 29 Giugno con grande partecipazione di tutta la popolazione; il culmine della festa è rappresentato dalla processione a mare durante la quale i pescatori locali trasportano il santo in mare su una barca; suggestiva in oltre è l'esposizione di enormi crocifissi di derivazione pegliese. Spesso la fine della festa è accompagnata da spettacoli pirotecnici di rara bellezza.

Il Girotonno: manifestazione internazionale che si svolge tra fine Maggio e inizio Giugno  (nel 2015 dal 30 Maggio al 2 Giugno); il protagonista indiscusso di questa manifestazione è il tonno rosso della nostra isola. L'evento è giunto alla tredicesima edizione e sara ricco di spettacoli, live cooking, e una gara tra chef di livello internazionale. Quest'anno si esibiranno artisti di fama mondiale quali: Renzo Arbore, Francesco Renga, Fedez, De Gregori

La  quattordisecima sagra del Cuscus tabarkino (cascà di Carloforte): si terra il 26 e 26 Aprile 2015.

Carloforte corre "a gambe pai caruggi": Manifestazione podistica che si tiene a Carloforte a Settembre e di cui ho già parlato nella home page. Quest'anno dovrebbe essere il 5 di Settembre ma la data è ancora da confermare. 


Mi accorgo che descrivendo la mia isola in questa maniera fornisco sì alcune utili informazioni ma non vado oltre a numeri indicazioni e nozioni  che potete comunque trovare online o su riviste (anche se difficilmente troverete foto belle come quelle prese da Carloforte Foto) quindi provo a farmi cogliere l'anima della mia isola pubblicando qui frammenti di testi di 3 autori carlofortini:



Maria Simeone http://www.mariasimeone.it/

INNAMORATA DELLA MIA ISOLA. 

Qualche volta mi viene chiesto come si possa, dopo tanti anni, lasciare una città, un mondo brulicante di opportunità e occasioni, per ritornare a vivere su un'isola. Io sono convinta che a volte una città intera non basti, se non fa sentire a "casa propria" e la propria casa è fatta di calore per l'anima. Credo siano innanzitutto le persone che abbiamo intorno a fare "casa" e credo sia straordinario vivere dove ogni angolo ricorda un pezzo della propria storia, vivere tra la propria gente, dove i volti sono familiari, dove, se cadi, c'è comunque sempre qualcuno che ti solleva e sa dove accompagnarti. Non si è un numero. Non si è sconosciuti. Non ci si sente mai soli. Su quest'isola si respira l'odore dell'appartenenza, fusa nelle nostre cellule e li' vi dimora per sempre, rendendo indimenticabile anche il più piccolo granello di questa terra. Per questo rispondo "Si, è possibile", è possibile lasciare tutto e ritornarci. L'isola è un'orgogliosa sirena ammaliatrice, adagiata su un fianco mentre il sole, alle sue spalle, tramonta; la osservi e ti cattura, non puoi resisterle, ne rimani catturato per sempre. Forse è una specie di sortilegio, ma se così fosse, sono felice di esserne rimasta vittima perché questo è l'unico posto al mondo in cui mi sento veramente a casa.


Giovanni Maurandi

IL MARE PICCOLINO (dedicato a chi ama la mia terra)

"Non allontanarti troppo" disse l'uomo al bambino.
"No" rispose lui continuando a camminare sulla battigia. Era un punto riparato; il mare era sicuro. Fece un bel tratto assicurandosi, ogni tanto, che il padre fosse sempre in vista.
La donna era seduta sulla sabbia asciutta; pensosa guardava l'orizzonte.
"Ciao" la salutò il bambino.
"Ciao" rispose lei sorridendo.
"Questo è l'oceano, lo sai?"
"Lo so."
"E' la prima volta che lo vedo. Mi ha portato il mio babbo. E' grande."
"Immenso" rispose lei.
"Ma l'acqua è torbida... uh, guarda che onda grande!"
"Hai visto? Qui ci sono onde anche più grandi di quella."
"Come ti chiami?"
"Thamiris. E tu?"
"Pedro."
La donna sorrise. "Pietro" disse.
"No. Pedro."
"C'è una terra laggiù" rispose la donna indicando l'oceano "dove il tuo nome è Pietro."
"Laggiù?"
"Si. Oltre l'orizzonte, lontano, c'è un mare piccolino e, dentro questo mare, un'isola piccolina che ha le acque così trasparenti che, quando ti immergi, riesci a vederti le unghie dei piedi."
"Uau! E' un bel posto?"
"Si."
"Tu ci sei stata?"
"Si, tanto tempo fa."
"E vorresti tornare?"
"Si."
"E ci tornerai?"
"Si, un giorno ci tornerò."
Il bambino restò in silenzio per un po'. Prese una manciata di sabbia e la fece scivolare fra le dita.
"E aspettando di tornarci, cosa fai?" domandò alla fine.
"Lo porto dentro il cuore e ci torno col pensiero, un pochino, ogni tanto" rispose lei, "come tu farai con quest'oceano, quando ripartirai."
"Dovrò avere il cuore grande per farci stare l'oceano" disse il bambino sorridendo. "A te basta un cuore piccolo, per farci stare quel mare piccolino."
"Non basta un cuore piccolo per farci stare quel mare e quell'isola" rispose la donna con un sorriso. "Ci vuole un cuore più grande di quest'oceano. Molto di più."
(18.7.2014)

I COLORI

Li conoscete i colori della mia isola? Quelli che indossa nella luce bassa di un pomeriggio di marzo che si congeda? Il blu del mare increspato dal maestrale, il turchese del cielo limpido, il violetto delle scogliere lontane. Il verde dei prati, quello più cupo del pino, del lentisco, quello della mimosa, dell'oleandro, del mirto. Il rosa dei fenicotteri, il bianco dei fiori di mandorlo e delle case sparse. Lo conoscete il profumo del salmastro, l'odore delle alghe, del rosmarino e della terra umida?
Chi ha conosciuto tutto questo, lo porta dentro le ossa, nella mente e nel cuore, e quando lo ritrova se ne riinnamora. (28.3.14)





Mariano Strina:

Eppure, qualche istante fa, appena messo piede a terra, mi sono reso conto di quanto improbabile fosse ciò che stavo osservando e la domanda che insistente mi frulla nella mente è: come sia possibile che, a distanza di quasi mezzo secolo, nulla sia cambiato del paese che ho conosciuto.
Al centro del molo si staglia, esattamente come allora, un chioschetto di forma ottagonale, realizzato con assi di legno, pitturate nei colori sfavillanti dell’arcobaleno. Da bambini, quelle tinte sgargianti, ci attiravano come falene al lume. Alcuni cartelli metallici, reclamizzanti gelati e ghiaccioli dell’Eldorado, ne arredano le pareti. Un paio di ragazzini si accalcano sull’unico lato aperto del chiosco. Uno chiede ad alta voce di avere un ghiacciolo Arcobaleno, un altro, superandolo in tono, nel tentativo di essere servito per primo, vorrebbe comprare un Camillino. Poco dietro alcuni adulti, che dai vestiti parrebbero pescatori, confabulano fra loro. Anni fa sarebbero stati in coda per acquistare il ghiaccio che sarebbe servito a mantenere fresco il loro pescato. E se nulla fosse cambiato? Mi guardo intorno impaziente, alla ricerca di elementi che possano consolidare la mia astrusa ipotesi. Sul fronte del porto si distendono in ordinata fila, fin quasi a raggiungere il molo Sanità, una lunga teoria di ficus benjamini. Alle spalle degli alberi e tra le prime case, scorre la passeggiata, piastrellata con quadre pianelle in cemento, interrotta da alcune aiuole di forma ovale, cintate da un rotondeggiante muretto in cemento e da una bassa balaustra color verde smeraldo. Al centro della piazza la statua di Carlo Emanuele III, monca del braccio destro, e tutt’attorno i tavolini circolari in formica, colorati in rosso e verde, e le seggiole multicolori, in plastica intrecciata e ferro verniciato, dei bar che si affacciano sul lungomare. Seduti sulle panchine di verde smaltato, poste all’ombra dei ficus, stanno degli anziani che chiacchierano a voce alta fra loro. Alcune casalinghe, abbigliate con vestiti di lycra a motivi floreali, attraversano la piazza, portando a spalla la sporta della spesa. Indagatore, lo sguardo s’incrocia con quello di un signore di mezza età, abbigliato in maniera alquanto dimessa. L’uomo, che porta di traverso sul capo un basco blu di lana, mi fissa incuriosito per alcuni istanti. Il sorriso di cortesia che mi rivolge, mette in mostra alcuni denti fasciati in oro. Con gesti abituali, dal risvolto della manica, tira fuori un pacchetto di sigarette Nazionali Esportazione. Le riconosco dalla morbida carta verdognola, dove spicca in nero la figura di un veliero. Senza smettere di guardarmi, strizzando gli occhi, come se stesse sforzandosi di ricordare chi fossi, ne estrae una e l’accende con un cerino, attento a proteggere la fiamma dalla brezza, tenendo le mani a coppa. Tira alcune lunghe boccate con fare pensoso poi, quasi gli fosse venuto a noia, mi saluta con un cenno del capo e se ne và. Sono turbato. Per quanto possa essere rassegnato a subire ogni stranezza mi stia capitando, l’incongruenza logica di quanto mi circonda supera la più fervida immaginazione. Ogni particolare che mi scorre sotto gli occhi è esattamente uguale a come l’ho vissuto da bambino. È come se, da quando lasciai l’isola, non fossero trascorsi svariati decenni ma una ridicola manciata di ore. Assorto nelle mie improbabili congetture mi avvio verso le Calcinate, il quartiere dove sono nato. Percorro appena qualche decina di metri. Davanti al palazzo di trachite gialla, che accoglie gli uffici della Banca Commerciale, mi fermo di colpo, attratto da quanto accade.Alcuni adolescenti stanno giocando alla cavallassa. Sono in tre a provare a sorreggere l’urto del gruppo di saltatori, a formare il montone. Il primo, il capo, che è quello più robusto, sta prono con le braccia appoggiate al muro del vecchio edificio. Gli altri due lo seguono a ruota, uno dietro l’altro, sorreggendosi con forza al fondoschiena del compagno che lo precede. Al “pronti … via” uno dei saltatori prende la rincorsa. Regola vuole che sia tra i più leggeri. Arriva velocissimo e spiccato un prodigioso balzo in aria atterra, con i palmi delle mani aperti, sulla schiena del “montone” di mezzo, per quindi rimbalzarsi, in apparenza senza alcun sforzo, fin sulla nuca di quello frontale. Ilarità, sogghigni, schiamazzi. Gli altri saltatori si agitano con allegra frenesia, finché anche il secondo si decide a partire. Anch’egli salta con grande agilità atterrando appena a ridosso del compagno. In un crescendo di baccano, uno appresso agli altri, tutti i ragazzi si succedono nei salti. Il montone, a ogni atterraggio, sbanda, barcolla paurosamente, ma sembra reggere l’urto. Il capo montone è sicuro di avercela fatta e urla, come un indiano navajo in battaglia, la sua (quasi) certa vittoria al cielo. Ma è il salto conclusivo a infrangere le sue speranze. L’ultimo saltatore è uno grosso. Il più pesante del gruppo, che deve mettercela tutta per riuscire a compiere un pur misero balzello, eppure bastante a produrre lo sfracello. Il montone s’inarca paurosamente, come un arco teso al massimo, scricchiola, traballa, ondeggia e per ultimo si sfalda, schiantandosi al suolo e trascinandosi appresso tutto il suo giubilante carico. Cavallu morsu urlano tutti insieme i ragazzi scalmanati. E si azzuffano, e si schiacciano, e si mordicchiano e pizzicano. Fanno la nassa. Ed è tutto risate e gorgoglii, ansimi e sospiri. Pura, semplice e trascinante felicità fanciulla. E dimentico di tutto, incurante delle recenti perplessità, mi verrebbe da tuffarmi in mezzo a loro. Sudare, sbattermi, lottare e ridere. Soprattutto ridere. Ed è solo con grande sforzo che riesco a trattenermi dal farlo. Agli occhi di quei ragazzi parrebbe assurdo e senz’altro mi renderebbe ridicolo. Eppure il mio cuore è loro grato e mi sento ebbro di gioia come non mai da tempo infinito.
È con un animo nuovo che mi accingo a proseguire nel mio tragitto. Non ho ancora trovato risposta alle numerose domande che mi affollano i pensieri, ma ho maturato la consapevolezza che l’imperscrutabile scelta di giungere fino a qui, al fine ultimo della mia vita, mi condurrà a qualcosa di positivo. Non ho idea alcuna di cosa possa trattarsi, in questo momento sento che non ha nessuna importanza. Sarà il tempo a svelare le impenetrabili architetture del destino. Per ora mi accontento di assaporare tutto quanto mi gira attorno, per quanto sconclusionato o incredibile possa apparirmi, e compiacermi per ogni attimo trascorso, che mai avrei pensato di così gradevole malinconia.


Sandro Emanuelli :

"IL SACRO SCOGLIO"(5 Maggio 2004)


Forre profonde fucine di segreti
,


baie nascoste in alcove naturali,

monumenti granitici emersi dal mare,

venti costanti forieri di salmastro,

aridi cespugli che spuntano tra rocce

e verdi praterie cosparse di fiori

per celebrare le nozze della vita

in Primavera.

Gente dura, provata dal lavoro,

con gli occhi perennemente rivolti al mare;

madonne dai capelli neri e

l’occhio fiero;

uomini con pelli di cuoio salato

che coprono un cuore grande e misericordioso,

figli della stessa madre che onorano da sempre,

l’amicizia.

Figlio di Pegli, trovo qui la storia

del mio popolo, nell’ antica parlata;

mi sento antenato e discendente,

padre e figlio, zio e nipote;

rivivo le antiche usanze, i giochi

dei bimb,i le filastrocche, i canti.

Grazie amato Scoglio, grazie fratelli miei! "

Poesia scritta al suo arrivo nell'isola



.

Commenti