Chi si ferma (non) e' perduto: il recupero tra le ripetute


Tutti i runners hanno un rapporto amore-odio con le ripetute: se da un lato sono tra i mezzi più efficaci per migliorare le proprie prestazioni, dall'altro rappresentano spesso la parte più faticosa dell'allenamento e quella psicologicamente più difficile da affrontare. Chi ha una certa esperienza con le tabelle di allenamento, quasi certamente si sarà trovato anche a calcolarne distanza e velocità, e sono certo che l'abbia fatto in maniera maniacale, proprio perché riconosciamo alle ripetute un ruolo fondamentale per il nostro miglioramento. Ma quanti dedicano altrettanta perizia a un aspetto tutt'altro che marginale ma spesso trascurato ovvero IL RECUPERO?
Il recupero - da ripetere a voce alta sulla sedia - non e' una pausa per permetterci di rifiatare e correre la ripetuta successiva nei tempi prefissati, ma e' la parte di allenamento che intercorre fra due ripetute
Proprio così. In questo intervallo di tempo il nostro corpo mette in atto dei processi di adattamento coi quali i muscoli (cuore incluso) rispondono a un'attività fisica intensa. A seconda di come impostiamo il recupero, siamo in grado infatti di guidare il nostro organismo verso quegli stimoli che ci serviranno per il tipo di gara che stiamo preparando.
Senza affrontare qui la corrispondenza tra distanza delle ripetute e obiettivi (che prometto di trattare presto) mi piacerebbe dare qualche indicazione per non veder vanificato lo sforzo di molti.
Per coloro che si avvicinano per la prima volta alle ripetute il consiglio che do e' quello di recuperare, tra una serie e l'altra,  in surplace ossia corricchiare a un ritmo tale che ci consenta perfino di chiacchierare agevolmente (se vi sentite più confidenti ad avere un'indicazione più precisa aggiungete 70-90 secondi al ritmo della ripetuta). Questo metodo e' molto utile perché nei primi tempi in cui si corrono  le ripetute l'istinto provera' a fermarci in tutti i modi e gestire il recupero in questo modo serve ad abituarsi a superare questo stato mentale.
Per coloro invece che hanno più esperienza la domanda da porsi è: recupero attivo o passivo
Non esiste un recupero migliore di un altro ma ne esiste uno più funzionale per il raggiungimento di un nostro obbiettivo.
Se miriamo a migliorare su brevi distanze (fino ai 5000 metri) occorre che puntiamo a rafforzare i muscoli e gestire quantità importanti di lattato (liberato da sforzi intensi) quindi il recupero deve essere effettuato da fermi (anche seduti, se volete) in modo tale da recuperare energie e far scendere le pulsazioni.
Per distanze dai 10000 metri fino alla maratona l'ideale invece è recuperare a un passo vicino a quello che dovrebbe essere il nostro teorico ritmo gara; lo scopo è quello di riuscire a insegnare al nostro corpo a trarre energie dal lattato e questo diventa un meccanismo fondamentale soprattutto per chi si accinge a correre per 42 Km.
A queste indicazioni, vorrei anche aggiungere una regola generale a cui attenersi: meglio correre la fase veloce più lentamente rispetto al previsto ma rispettare i tempi e le velocità indicate per i recuperi, piuttosto che esaurirsi nel tratto veloce per poi dover rallentare o prolungare i recuperi. Proprio perché il recupero e' una parte dell'allenamento, va trattato con uguale rigore.
Infine non bisogna dimenticare che in base al tipo di recupero scelto varia anche il tempo che a esso dobbiamo dedicare e la velocità a cui correre le ripetute. 
Ma di questo, ripeto, vi parlerò a parte.



Commenti